Giuliano Dall’Ò, architetto e Professore Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano, affronta il tema dell’abitare sostenibile e analizza la Nuova Direttiva EPBD.
In che modo è possibile contribuire concretamente alla transizione ecologica?
Che ruolo hanno i cittadini nella tutela della “casa comune”?
L’Italia è pronta per affrontare la sfida europea? Come accogliere la nuova EPBD?
A queste e altre domande risponde Giuliano Dall’Ò, architetto e saggista italiano, Professore Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano.
Giuliano Dall’Ò in questa lunga intervista affronta diversi temi tra cui quelli analizzati nella nuova edizione del suo libro “Abitare Sostenibile” scritto insieme alla Professoressa Annalisa Galante.
Abitare sostenibile – il libro di Giuliano Dall’Ò
“Abitare sostenibile” rappresenta una guida su come fronteggiare l’emergenza energetica e ambientale. Il libro inquadra storicamente il tema della sostenibilità collocandolo nel contesto delle grandi regolamentazioni globali ed europee come la nuova direttiva EPBD e parla della necessità di affrontare la transizione ecologica, passando da una concezione antropocentrica delle risorse ambientali a una visione più responsabile e sostenibile.
Professore, come nasce l’idea di questo libro?
“Abitare sostenibile è la riedizione di un libro che avevo scritto 12 anni fa oggi completamente aggiornato. Nasce dall’esigenza di fornire una sintesi del cambiamento in atto per alcuni aspetti difficili da comprendere spesso anche per gli addetti ai lavori. L’abitare assume un ruolo cruciale che non riguarda solo le caratteristiche della casa in sé, ma anche il modo di vivere dentro e fuori di essa e l’approccio individuale e collettivo all’abitare.
Ogni cittadino può assumere un ruolo importante per la transizione ecologica in atto e i comportamenti individuali hanno un valore. È per questo che vanno analizzati“.
Cosa vuol dire “Abitare Sostenibile”?
“Vuol dire vivere nella propria città e relazionarsi con i servizi che ci sono: significa focalizzarsi sulla capacità di instaurare un rapporto nuovo tra il costruito e l’ambiente, ottimizzando l’uso delle risorse e limitando l’impatto generato.
La casa è solo una parte importante di un sistema più ampio che include servizi, infrastrutture e spazi integrati con il territorio. L’abitare sostenibile dipende non solo da fattori tecnici, ma anche sociali e comportamentali. È importante considerare l’approccio individuale e collettivo alle attività dell’abitare per creare comunità stabili e sostenibili”.
Qual è secondo lei la percezione degli italiani sulle questioni ambientali?
“La questione ambientale preoccupa molto gli italiani. Secondo un documento pubblicato dall’ISTAT nel 2021 i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni dei cittadini.
Inoltre approfondendo l’analisi dei comportamenti ambientali e degli stili di vita e di consumo è possibile notare un dato importante sull’età anagrafica dei cittadini maggiormente sensibili ai consumi energetici. Potrà sembrare strano, ma l’attenzione verso comportamenti eco compatibili non caratterizza i giovani. Secondo l’ISTAT a non sprecare acqua è il 52,3% delle persone tra i 14 e i 34 anni rispetto al 71,2% degli over 55, così come a non sprecare energia è il 50,5% degli under 34 rispetto al 73,8% di coloro che hanno più di 55 anni. Questo vuol dire che i giovani non sono del tutto coinvolti. Puntare sull’educazione e la sensibilizzazione delle nuove generazioni, dunque, sembra una delle priorità da non sottovalutare affinché la sostenibilità dell’abitare non sia solo uno slogan, ma una prassi concreta“.
In questi giorni si parla molto della nuova direttiva europea EPBD (Energy Performance Building Directive). Quali potrebbero essere le ricadute e i vantaggi attesi da questa misura in Italia?
“Questa Direttiva ha diviso l’Italia a metà. C’è chi pensa che sia una grande opportunità e chi pensa possa impoverire il patrimonio edilizio italiano. Io credo che la Direttiva rappresenti un passaggio importante per proseguire questo percorso verso la transizione ecologica, l’Italia ha fatto dei passi avanti in questi anni. Si tratta di un documento molto ampio che ingloba tanti temi tra i quali quello dell’economia circolare e delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Certo, un coinvolgimento da parte dei tecnici avrebbe consentito maggiore chiarezza e più fluidità nei contenuti. Ci sono delle cose che non condivido in pieno come per esempio quella di lasciare la possibilità agli Stati Membri di escludere dall’efficientamento l’edilizia pubblica e sociale. Essa rappresenta il 4,5% dell’edilizia residenziale nazionale e partire da li ci avrebbe consentito di risolvere anche il problema della povertà energetica. Un’altra riflessione poi andrebbe fatta sugli edifici di edilizia pubblica in disuso e di scarso valore. Costa molto di più intervenire sull’edificio esistente che non nel crearne uno nuovo. I dubbi sul recepimento della Direttiva in Italia sono ancora tanti. Bisognerà analizzare la gestione dei cantieri e l’utilizzo di un’enorme quantità di prodotti del ramo edile e degli impianti“.
La simulazione dinamica per la nuova EPBD
Secondo la Direttiva a partire dal 2028 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere ZEB, cosa significa?
“Quando si parla di edificio ZEB si parla di un edificio completamente autonomo dal punto di vista energetico il cui fabbisogno è sufficientemente basso da comportare un bilancio netto annuale consumo/energia nullo grazie all’uso di fonti rinnovabili.
Con il termine Low Energy House si definiscono edifici con prestazioni energetiche sensibilmente miglior rispetto a quelle medie del patrimonio edilizio esistente.
Ricordiamo però che l’edificio da solo non vince la battaglia e bisogna sempre considerare la differenza tra fabbisogno energetico calcolato e fabbisogno energetico reale che tiene conto di come il cittadino usa l’edificio, c’è una distanza molto significativa tra i due e questo è un ambito nel quale dobbiamo lavorare molto. Ancora una volta quindi i comportamenti degli individui sono importanti”.
Come possiamo guardare al futuro?
“Tra i dati positivi della Direttiva c’è sicuramente questa apertura alle Comunità Energetiche Rinnovabili. Ragionare edificio per edificio a volte ci dà dei limiti, mentre ragionare come una comunità ci consentirebbe di pensare a infrastrutture energetiche condivise, come ad esempio grandi impianti fotovoltaici centralizzati e a delle infrastrutture in grado di recuperare anche i centri storici. Perché i centri storici devono essere considerati qualcosa di intoccabile? L’ideale sarebbe invece introdurre una sorta di certificazione energetica della comunità.
Dove è possibile intervenire senza vincoli si procede dove ci sono dei vincoli si valuta il risultato complessivo“.
Il regolatore del costo per proteggere le fasce deboli
“Un altro elemento sul quale far leva potrebbe essere il regolatore del costo sui consumi non solo sull’energia, manche sull’acqua e altri servizi pubblici. Bisognerebbe garantire un costo basso per le fasce più deboli, aumentando il costo man mano che ci si sposta da consumo base allo spreco. Questo consentirebbe di sensibilizzare di più i cittadini. Credo che la strategia più efficace per promuovere con concretezza l’abitare sostenibile sia quella di operare non attraverso episodi isolati di «buone pratiche», ma all’interno di un percorso che non può – e non deve rinunciare a una visione globale e lungimirante di sviluppo che deve essere pianificata e incoraggiata dall’alto, a livello di governance, ma che deve essere condivisa da parte di tutti gli attori coinvolti a cominciare dai cittadini“.
Come progettare edifici sostenibili?
Abitare Sostenibile
Come affrontare l’emergenza energetica e ambientale
Giuliano Dall’Ò
Annalisa Galante
Il Mulino