Il Consiglio di Stato, ha espresso critiche al correttivo del Codice degli appalti pubblici. Alla base una questione di legittimità.
Il parere critico del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo sul Codice del Appalti destinato a integrare e correggere il D.Lgs. n. 36/2023, approvato lo scorso anno preoccupa la categoria e lascia spazio ad alcune interpretazioni.
Al centro del dibattito c’è il rischio che la procedura adottata per le modifiche al Codice violi la Legge delega n. 78/2022, aprendo la porta a possibili ricorsi di legittimità.
Codice appalti ana procedura che non convince secondo il Consiglio di Stato
Nel suo parere di 151 pagine, il Consiglio di Stato ha puntato il dito su una problematica fondamentale: la divergenza nelle modalità operative seguite per la redazione del Codice e per la sua integrazione. La Legge delega, infatti, stabilisce chiaramente che le correzioni e le integrazioni al Codice vadano fatte “con la stessa procedura” utilizzata per la stesura iniziale.
Durante il Governo Draghi, il Consiglio di Stato era stato coinvolto attivamente nella redazione del testo normativo. Ora, invece, il Governo Meloni ha scelto di procedere autonomamente, senza richiedere il contributo dell’organo consultivo. Una scelta che, secondo il Consiglio di Stato, potrebbe tradursi in un vizio di legittimità formale, compromettendo la validità dell’intero correttivo.
Equo compenso: nuove regole e nuove critiche
Tra i temi più dibattuti del correttivo c’è quello dell’equo compenso, una questione da tempo al centro delle polemiche, soprattutto per quanto riguarda le gare pubbliche. La disciplina proposta dal Governo introduce regole specifiche per i servizi di ingegneria e architettura, distinte da quelle previste dalla Legge 49/2023.
Come cambia l’equo compenso nei contratti pubblici
Il correttivo prevede due distinti regimi per i compensi:
- Per i contratti di importo inferiore a 140mila euro, l’Amministrazione potrà ridurre il compenso fino al 20%, garantendo comunque un minimo dell’80% del corrispettivo previsto dai parametri.
- Per i contratti di importo superiore a 140mila euro, i compensi saranno calcolati secondo il Decreto Parametri e le gare saranno aggiudicate seguendo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con una base di gara strutturata al 65% sul prezzo e al 35% su altri criteri.
Il Consiglio di Stato promuove l’equo compenso, ma con riserva
Nel suo parere, il Consiglio di Stato ha espresso un giudizio complessivamente positivo sulla nuova disciplina dell’equo compenso. La specificità delle regole per i contratti pubblici viene considerata coerente con i principi di concorrenza, in linea con quanto già affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac).
Tuttavia, restano aperte alcune questioni sollevate dallo stesso mondo professionale. L’Anac, ad esempio, aveva espresso dubbi sul metodo di calcolo dei compensi, giudicato troppo penalizzante e rischioso per una compressione al ribasso. Queste perplessità, però, non sono state prese in considerazione dal Consiglio di Stato.
Una bocciatura che apre interrogativi
Le critiche mosse dal Consiglio di Stato al correttivo del Codice dei contratti pubblici non sono semplici osservazioni tecniche. Al contrario, pongono interrogativi di rilievo sulla legittimità del percorso scelto dal Governo.
La mancata uniformità con le procedure previste dalla Legge delega potrebbe infatti costituire un vulnus che rischia di minare la solidità giuridica del correttivo. Ora spetta al Governo decidere se correggere il tiro, coinvolgendo nuovamente il Consiglio di Stato, o proseguire per la propria strada, assumendosi il rischio di possibili ricorsi.
Un capitolo, questo, che potrebbe avere ripercussioni significative non solo sul futuro del Codice degli appalti, ma anche sull’efficienza del sistema degli appalti pubblici in Italia.