Alla vigilia delle elezioni europee, Italy for Climate ha realizzato il report dettagliato “Un voto per il clima. Il documento sfata i falsi miti sulla transizione energetica ed evidenzia il potenziale dell’Unione Europea per non perdere la leadership mondiale nella lotta contro il cambiamento climatico.
La transizione energetica è diventata un tema centrale del dibattito elettorale in vista delle elezioni europee. Ma il 2024 è anche anno di elezioni negli Stati Uniti e in India, altri due pesi massimi in termini di emissioni.
Le politiche potrebbero rappresentare una svolta negli sforzi comuni per contrastare la crisi climatica. Italy for Climate analizza attraverso il report “Europa un voto per il clima” alcuni dei pregiudizi che vedono la transizione come una minaccia per il futuro.
Il rapporto esamina la lotta per la leadership mondiale tra i primi quattro grandi emettitori del pianeta e il contributo che ognuno dei 27 Stati membri sta dando al cammino verso la neutralità climatica.
Edo Ronchi: un banco di prova per l’UE
Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha dichiarato: “Le prossime elezioni sono un banco di prova importante per capire se l’Unione Europea continuerà a perseguire un ruolo di leadership nella transizione energetica e nella nuova economia di domani. Ancora in troppi ritengono che ignorare la realtà, la gravità delle alluvioni e delle ondate di calore della crisi climatica, sia realismo e che le analisi e le valutazioni scientifiche in merito siano solo opinioni alle quali contrapporre loro diversi pareri. La sottovalutazione della reale portata della crisi climatica è ormai diventata, essa stessa, parte del pericolo: porta ad attaccare le misure necessarie per affrontarla, senza indicare alternative, lasciando così che continui a peggiorare. Questa sottovalutazione porta anche ad essere impreparati ad affrontare i conflitti generati da un cambiamento di vasta portata come la decarbonizzazione”.
Andrea Barbabella: l’importanza della Transizione Energetica
Andrea Barbabella, Coordinatore di Italy for Climate, ha aggiunto: “L’UE è uno dei 4 grandi emettitori che, da soli, sono responsabili di oltre la metà delle emissioni globali. Insieme questi “big emitters” rappresentano anche una quota rilevante del mercato globale e dettano standard a cui anche le altre economie devono adattarsi. La transizione energetica è già in corso e sta già orientando in modo sostanziale i flussi di investimenti globale che oramai sempre di più puntano sulle rinnovabili, sull’efficienza, sull’elettrificazione mentre cominciano ad arretrare dal mondo dell’oil&gas. Questi trend sono destinati a rafforzarsi nei prossimi anni, anche se per scongiurare il precipitare della crisi climatica dovranno farlo molto più velocemente. Se dalle prossime elezioni verrà fuori un’Europa che tenterà di rallentare questa trasformazione invece di puntare su di essa, sarà un grave danno per il mondo intero ma soprattutto per il futuro stesso dell’Unione, che rischierà di essere marginalizzata nel nuovo contesto economico globale”.
Il report di Italy for Climate analizza cinque falsi miti sulla transizione energetica in Europa:
Si teme che l’UE, accelerando sulla decarbonizzazione, rischi di perdere competitività sul mercato globale. Tuttavia, la transizione energetica è in corso e un numero crescente di imprese sta già rivedendo le proprie priorità di investimento. Dal 2016, gli investimenti globali nelle energie pulite hanno superato quelli nei combustibili fossili, con 1.700 miliardi di dollari investiti nelle energie pulite nel 2023 rispetto ai poco più di 1.000 miliardi nei combustibili fossili e questo trend è destinato a rafforzarsi nel tempo.
Impatto dell’Ue sull’Economia e occupazione
Si crede che le politiche climatiche troppo ambiziose dell’UE possano danneggiare economia e occupazione. In realtà, la crisi climatica rappresenta la principale minaccia per l’economia e investire nella transizione è conveniente. Gli interventi necessari per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 costerebbero l’1-2% del PIL mondiale, ma eviterebbero costi fino al 9% del PIL causati dalla crisi climatica. Inoltre, il numero di occupati nel settore delle energie pulite ha già superato quello dei combustibili fossili e si prevede che continui a crescere.
Ruolo dell’UE nelle emissioni globali
Si pensa che l’UE possa fare poco o nulla sulle emissioni globali e debba attendere che tutti i Paesi si mettano d’accordo. In realtà, l’UE è il quarto emettitore al mondo e insieme agli altri big emitters (Cina, USA e India) produce il 54% delle emissioni globali. L’azione dell’UE può quindi incidere significativamente sugli equilibri climatici globali.
Obiettivi troppo ambiziosi
Si ritiene erroneamente che l’UE stia perseguendo obiettivi troppo ambiziosi e dovrebbe rallentare. In realtà, la crisi climatica sta accelerando più del previsto, con la temperatura media globale nel 2023 che ha registrato un aumento di +1,48°C rispetto al periodo preindustriale. L’UE è l’unica tra i grandi emettitori ad aver ridotto le emissioni dal 1990 ma non è ancora in linea con gli obiettivi sottoscritti a Parigi nel 2015.
Neutralità tecnologica
L’idea che l’UE debba adottare un approccio di neutralità tecnologica, evitando di fissare obiettivi specifici e vincolanti per le singole tecnologie, è errata. Per affrontare la crisi climatica e azzerare le emissioni nette entro il 2050, è necessario dare un segnale chiaro agli operatori economici sulle prospettive di crescita e di investimenti delle singole tecnologie. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, ad esempio, raccomanda di sospendere la vendita di nuove caldaie a gas entro il 2025 e di fermare la vendita di auto a combustione interna entro il 2035.
Confronto tra i Big Emitters
Il rapporto presenta anche un’analisi comparativa tra Cina, USA, India e Unione Europea,.
Si evidenziano i progressi fatti e gli impegni messi in campo per accaparrarsi la leadership economica e tecnologica nella transizione:
Cina
Primo emettitore globale con un aumento delle emissioni del 285% dal 1990 al 2022. Nel 2023 ha investito 673 miliardi di dollari nella transizione energetica e prevede di installare oltre 1.200 GW di capacità rinnovabile entro il 2025. La Cina è il primo emettitore ma anche il primo investitore in tutti gli ambiti della transizione energetica.
USA
Le emissioni sono diminuite del 2,4% dal 1990 al 2022. Gli investimenti nella transizione energetica hanno raggiunto i 303 miliardi di dollari nel 202.
Questo con obiettivi di riduzione del 50% delle emissioni dal 2005 entro il 2030 e neutralità climatica entro il 2050.
India
Ha aumentato le emissioni del 174% dal 1990 al 2022, ma è ancora uno dei Paesi con le emissioni pro capite più basse (2,8 tCO2eq/abitante). Nel 2023 ha investito 31 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili. L’India affronta la sfida di costruire una nuova superpotenza globale puntando da subito sulla transizione green.
UE
Ha ridotto le emissioni del 27% dal 1990 al 2022. Con un investimento di 360 miliardi di dollari nel 2023, l’UE si impegna a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’UE è l’unica ad aver ridotto le emissioni rispetto al 1990.
Europa un voto per il clima, benchmark tra i Paesi Europei
La valutazione dei 27 Stati membri mostra le diverse performance nella corsa alla neutralità climatica in base a 22 indicatori appartenenti a 8 macro categorie: L’Italia ha ridotto le emissioni del 20% dal 1990, un dato inferiore alla media UE del 29%. L’Italia si colloca quindi al di sotto della media europea in termini di riduzione delle emissioni. Le emissioni di gas serra nei settori sotto il Regolamento Effort Sharing (Edifici, Trasporti, Agricoltura e gestione dei rifiuti) sono diminuite del 19% in Italia tra il 2005 e il 2022, leggermente meglio della media UE, ma peggio di Francia, Spagna e Germania.
Scarica qui il report di Italy for Climate.