Uno studio della società Ricerca Sistema Energetico del GSE analizza i vantaggi economici delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). I dettagli.
Generare benefici economici, ambientali e sociali per i membri della comunità e per il territorio.
Ridurre i consumi energetici e aumentare la produzione di energia rinnovabile.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una vera e propria rivoluzione nel settore energetico, dove i cittadini (prosumer) diventano protagonisti attivi del processo di produzione e consumo dell’energia.
A realizzare uno studio sui vantaggi economici conseguibili dai membri di una CER è stata RSE, la società del GSE impegnata nell’analisi, studio e ricerca applicata all’intero settore energetico.
Lo studio RSE evidenzia come l’investimento diretto degli utenti in Comunità Energetiche Rinnovabili possa presentare un tempo di ritorno di 6-7 anni, con un risparmio del 40-50% sulle componenti variabili di acquisto dell’energia elettrica.
Se invece l’investimento è effettuato da un operatore esterno, il tempo di recupero è di circa 9 anni con un risparmio del 15% per gli utenti, mentre l’investitore trattiene l’importo derivante dalla cessione dell’energia immessa e metà dell’incentivo. Gli operatori economici possono invece trarre benefici non monetizzabili come la possibilità di fidelizzare i clienti e offrire ulteriori proposte commerciali.
Il quadro legislativo delle CER: a che punto siamo
Prima di analizzare i casi pratici proposti da RSE merita un approfondimento il quadro legislativo attuale.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La proposta di decreto dovrà attendere il via libera della Commissione Ue necessario per l’entrata in vigore.
In caso di approvazione, i membri delle comunità energetiche potranno usufruire di due tipi di agevolazioni, un incentivo in tariffa basato sulla potenza erogata dall’impianto e un contributo a fondo perduto attraverso fondi del PNRR riservato alle comunità energetiche costituite nei comuni con meno di 5mila abitanti. Il contributo previsto ammonterebbe al 40% dell’investimento, sia per la realizzazione di nuovi impianti che per il potenziamento di quelli esistenti.
Sulla base della bozza del decreto promossa dal MASE che stabilisce i nuovi meccanismi di incentivazione nasce lo studio RSE.
Il caso pratico di un condominio in autoconsumo collettivo
Il primo caso rappresentativo analizzato riguarda un condominio di medie dimensioni (18 utenze domestiche, 6 piani fuori terra, superficie del tetto complessiva di circa 300 m2), che decide di realizzare in autonomia un impianto fotovoltaico per una potenza complessiva di 20 kWp.
Si assume che il 10% della produzione venga istantaneamente consumata dalle utenze condominiali direttamente connesse all’impianto stesso, mentre il restante 90% venga immesso in rete e sia possibile condividerne il 53% da parte dei condòmini.
Il condominio ipoteticamente localizzato nel Centro Italia, gode dell’extra-incentivo di 4 €/MWh sull’energia condivisa (così come previsto dalla bozza di decreto promossa dal MASE).
In questo caso i condòmini si impegnano a finanziare l’iniziativa per un costo complessivo di 30.000 €, pari a poco più di 1.650 € per ogni utenza domestica coinvolta nello schema.
L’impianto è connesso al POD delle utenze condominiali, consentendo un autoconsumo fisico pari al 10% della produzione e riducendo il prelievo di energia dalla rete per le utenze comuni, con una conseguente riduzione della relativa spesa.
Il riparto dei proventi derivanti dall’esercizio dello schema comporta un costo gestionale extra di circa 40 € all’anno per ogni utenza coinvolta. La valutazione della profittabilità dell’intervento tiene conto dei costi annuali per la gestione dell’impianto e dello schema, stimati in circa 1.300 €, e della producibilità ipotizzata di circa 1.250 ore equivalenti e una perdita di producibilità dello 0,4% annuo per i pannelli.
L’investimento consente un rientro tra il sesto e il settimo anno di esercizio dello schema e rappresenta un vantaggio economico per il singolo condomino, sotto forma di riduzione delle spese, risparmio sulle componenti variabili della bolletta e un guadagno di circa 1.800 € alla fine dei 20 anni, calcolato come differenza tra la somma dei ricavi netti e l’investimento iniziale.
L’ipotesi di finanziamento bancario
Un’altra ipotesi considera invece il ricorso a un finanziamento bancario per il 70% dell’importo complessivo legato alla realizzazione dell’impianto, consentendo ai condòmini di partecipare all’investimento iniziale con soli 500 € e guadagnare circa 1.450 € nell’arco dei 20 anni. In entrambi i casi, la realizzazione dello schema di autoconsumo collettivo risulta decisamente sostenibile dal punto di vista economico e finanziario e attraente in termini di benefici per i partecipanti.
A parlare di vanatggio economico nelle Comunità Energetica in condominio è stata l’Ing. Annachiara Castagna di Logical Soft.
Attraverso uno studio di fattibilità l’Ing. ha analizzato il valore economico dell’energia e i tempi di ritorno degli investimenti.
CER composta da 180 utenze, i vantaggi economici
La seconda configurazione riguarda invece una CER composta da 180 utenze (per la maggior parte domestiche) alimentata da un impianto fotovoltaico da 200 kWp, senza utenze direttamente connesse all’impianto.
In questo caso vengono analizzati tre possibili modelli di costituzione ed esercizio della CER: uno finanziato dai membri, uno finanziato da un soggetto terzo e uno finanziato da un Comune con meno di 5.000 abitanti.
In tutti i casi si è assunto un graduale ritorno ai livelli pre-crisi del prezzo zonale dell’energia elettrica. Sono stati considerati i valori massimi differenziati per taglia di potenza definiti dalla bozza di decreto in relazione al contributo PNRR in conto capitale. Vediamo nel dettaglio.
CER con impianto da 200 kWp, finanziata dagli utenti
In questo caso specifico gli utenti si fanno carico dell’investimento per la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 200 kWp su tetto o su terreno improduttivo.
L’impianto può soddisfare il consumo annuo di un gruppo di 180 utenti e garantire un autoconsumo diffuso spontaneo dell’energia prodotta piuttosto elevato. La producibilità dell’impianto è stata assunta lievemente più elevata rispetto al caso condominiale, i costi di investimento specifici sono stati ridotti grazie alle economie di scala e l’autoconsumo fisico è nullo in quanto l’impianto è connesso a un POD dedicato. Inoltre, è possibile ottenere una percentuale di energia condivisa pari al 60% del totale dell’energia immessa in rete. L’investimento totale ammonta a circa 240.000 euro, ovvero poco più di 1.300 euro per ciascuna utenza coinvolta.
Anche in questo caso seconod lo studio, il rientro dell’investimento avviene tra il sesto e il settimo anno di esercizio dello schema, mentre il guadagno netto per ciascun partecipante alla fine dei 20 anni è di circa 1.845 euro. Il risparmio sulla bolletta sarebbe del 42% sulle componenti variabili e dell’84% sulla sola componente energia.
Complessivamente, i vantaggi economici per ciascun partecipante alla CER sono molto simili a quelli del primo caso.
Vantiaggi economici su CER finanziata da un soggetto terzo
La seconda ipotesi riguarda l’installazione di un impianto fotovoltaico da 200 kWp su tetto o su un’area industriale dismessa, ma con un diverso modello di business che prevede l’intervento di un soggetto terzo come ESCo o una società fornitrice di energia. L’iniziativa prevede una ripartizione dei benefici tra il soggetto terzo e i membri della CER (famiglie, enti o imprese) che partecipano come consumatori. Il soggetto terzo trattiene l’intero flusso di cassa derivante dalla vendita dell’energia per consentire il ritorno dell’investimento e l’incentivo sull’energia condivisa viene diviso in parti uguali tra il soggetto terzo e i membri della CER.
In questo modo si ottiene un rientro dell’investimento per il soggetto terzo in 9 anni e un vantaggio per i membri della CER con una riduzione del 15% delle componenti variabili della bolletta e un risparmio sulla sola componente energia della bolletta pari al 31%.
Il caso delle Comunità Energetiche Rinnovabili Solidali
Questo caso studio fa riferimento a un modello solidale di cui ci siamo ampiamente occupati. Si tratta delle CERS, Comunità Energetiche Rinnovabili Solidali.
In questo caso, l’impianto viene finanziato da un Comune con meno di 5.000 abitanti, ricorrendo:
- ai fondi del PNRR a copertura del 40% del costo di investimento iniziale,
- a fondi propri per un ulteriore 30% e
- per il restante 30% accedendo a soluzioni di debito da restituire nei successivi 20 anni, con un tasso di interesse del 5% annuo.
L’obiettivo principale è quello sociale, ovvero destinare i proventi economici derivanti dalla vendita dell’energia a famiglie in povertà energetica. Sono coinvolte circa 100 famiglie e la percentuale di energia condivisa è pari al 33% del totale.
La produzione media annua è di circa 237 MWh su 20 anni, con una generazione di energia condivisa pari a 78 MWh annui.
L’iniziativa consente una riduzione media del 34% delle componenti variabili della bolletta elettrica per le famiglie coinvolte su 20 anni e del 73% per la sola componente energia. Il rientro dell’investimento avviene tra l’ottavo e il nono anno di esercizio dello schema solo per la quota del 30% del complessivo capitale impiegato.
Per approfondire leggi il dossier RSE.