È possibile ridurre il rischio sismico in Italia? Sì, ma con azioni mirate come il fascicolo del fabbricato e l’assicurazione sugli immobili. Lo sostiene il presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini.
Il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri traccia un quadro completo sul rischio sismico e sulla mancanza della “cultura sismica” in Italia.
La trascurata vetustà degli edifici e la diffusa mancanza della cultura antisismica in Italia sono una delle cause sulla incapacità di gestire i post terremoti.
In gran parte dei casi, il restauro e gli ammodernamenti degli edifici rimangono una scelta privata da finanziare autonomamente. Ciò è ulteriormente evidenziato dalla bassa percentuale di edifici assicurati contro i danni da terremoto: solo l’1% ha questa polizza. Nonostante tutto, lo Stato ha varato alcuni bonus anti-sismici, come il “Super Sismabonus”.
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I dati diffusi dall’INGV
L’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha diffuso i dati sui terremoti in Italia.
Sono 16.302 registrati nel 2022 sul territorio italiano e nelle aree limitrofe della Rete Sismica Nazionale. Praticamente una media di 44 terremoti al giorno, quasi un sisma ogni 30 minuti.
Quali interventi per ridurre il rischio sismico nelle strutture pubbliche
A margine di questi dati, diventa importante comprendere e mettere in sicurezza le strutture pubbliche vulnerabili come ad esempio le scuole. Come procede il consolidamento delle procedure a rischio? Quali sono i sistemi attuabili per scongiurare pericoli sulla vulnerabilità sismica? Cosa bisognerebbe fare?
Abbiamo chiesto ad Angelo Domenico Perrini, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, quali sono gli interventi per ridurre il rischio sismico.
«In occasione della giornata nazionale della prevenzione sismica, abbiamo chiesto al Governo una serie di interventi finalizzati a ridurre il rischio sismico cui è soggetto il patrimonio edilizio del Paese. Nella richiesta, fatta da anni dal CNI, si punta alla classificazione degli edifici sulla base dello specifico rischio sismico. È il primo passaggio – prosegue Perrini -, poi va fatto il monitoraggio costante degli edifici. Infine, la produzione di una documentazione, la più completa possibile, sulla vulnerabilità dei fabbricati. Così facendo si potranno individuare gli interventi necessari per la loro messa in sicurezza».
La proposta del CNI per ridurre il rischio sismico
Avete ribadito al Governo l’importanza di avviare un nuovo modus operandi?
«Certo! In questa direzione è stata ribadita la necessità di introdurre il “Fascicolo del fabbricato” ed una “assicurazione sugli immobili”.Aspetti indispensabili per non far gravare i costi degli interventi sulla collettività, con polizze di importi modulati in relazione alla classificazione degli immobili».
Il Piano di prevenzione sismica
“Basti pensare che il primo Piano di prevenzione sismica fu presentato oltre dieci anni fa e da allora non abbiamo registrato passi avanti soddisfacenti. Anche i recenti strumenti legati ai bonus edilizi, che avrebbero potuto dare un impulso alla messa in sicurezza dei nostri edifici a rischio, non hanno avuto l’effetto sperato. Il ricorso al Sismabonus, infatti, è risultato residuale rispetto all’Ecobonus, soprattutto a causa della complessità delle procedure e all’incertezza sulle tempistiche“.
A proposito dei più recenti eventi sismici commenta inoltre :
“Gli avvenimenti in Turchia e Siria dimostrano, ancora una volta, che non è più rinviabile l’adozione di un Piano di prevenzione sismica. Il Sismabonus, inoltre, va applicato con costanza in un periodo ragionevolmente lungo, intervenendo nella direzione della semplificazione. Queste iniziative non sono più rinviabili. Numerosi rapporti del nostro Centro Studi hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, che i costi economici della prevenzione sono certamente inferiori a quelli delle varie ricostruzioni. Senza contare che la prevenzione consente di salvare migliaia e migliaia di vite umane, risparmiando alle famiglie e al Paese intero insopportabili lutti”.
È di tutta evidenza che l’analisi di vulnerabilità e gli interventi di consolidamento vanno effettuati prioritariamente sul patrimonio pubblico ed in particolare sulle scuole.
“A parte la perdita di vita umane che ovviamente non ha prezzo, le ricerche del nostro centro studi dimostrano che un piano di intervento programmato di consolidamento fa risparmiare almeno l’80% rispetto alle opere di ricostruzione“.
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